I materiali dei mobili

24/03/2021
da Adolfo Severini

Facciamo chiarezza nei mobili: laminato, melamminico, laccato, impiallacciato…qual è il migliore?

C’era una volta il mobile di legno e i falegnami che lavoravano a partire dalle assi di noce, di rovere, di faggio o di altri legni adatti all’uso.

Esempio di mobile in legno massello

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Questo mondo artigianale è esistito fino al secondo dopoguerra quando la grande richiesta data dalla ricostruzione ha spinto chi aveva un’attività ad espandersi dotandosi di macchinari diventati via via più accessibili in termini di costi e di semplicità d’uso e facendo nascere le prime industrie specializzate anche in alcuni reparti delle lavorazioni: nacquero così i produttori di materie prime, i verniciatori, i produttori di pannelli e così via.

L’industrializzazione e la necessità di grande produzione hanno richiesto l’uso di materiali meno costosi e più veloci da lavorare –il legno richiede stagionature e cure particolari per evitare l’incurvamento- fino ad arrivare a quelli attuali: truciolare o agglomerato e mdf, questi composti vengono poi “nobilitati” rivestendoli superficialmente con delle lamine sintetiche che riproducono le texture dei vari legni o colorati in un’ampissima gamma di tinte mentre nei mobili di maggior pregio i pannelli vengono impiallacciati con sottili fogli di legno o laccati, cioè verniciati, lucidi o opachi.

Riassumendo:

Impiallacciato: è un pannello di agglomerato o di mdf o in tamburato a cui viene applicato una sfogliatura di legno (il “piallaccio”) opportunamente trattato e verniciato in modo da renderlo resistente nel tempo. Vantaggi: è un rivestimento pregiato dove il legno si presenta in tutto il suo calore e la sua venatura, in tinta naturale o verniciato. Svantaggi: ha costi più elevati rispetto ai laminati

Esempio di mobile impiallacciato

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Laccato: i pannelli o le parti costituenti il mobile –ad esempio un anta, un cassetto, la struttura di una sedia- vengono verniciati molto spesso in un tunnel apposito dove il processo avviene in condizioni particolari per evitare impurità come la polvere; generalmente consiste in vari strati e termina con un prodotto trasparente antigraffio. Vantaggi: la laccatura è una finitura di pregio che consente di scegliere in un’ampissima gamma di colori –ci sono ditte che offrono la laccatura RAL- lucidi o opachi. Svantaggi: il costo elevato dipende anche dalla qualità della verniciatura e dal numero di strati.

Esempio di mobile laccato ed impiallacciato

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Laminato e melaminico: il pannello da nobilitare viene rivestito da una lamina composta da strati di carte impregnate di resine termoindurenti. Il laminato più diffuso ha uno spessore di circa 0,6 mm, ma esistono anche laminati da 1mm e più. In tutti i casi però i laminati sono composti da 3 strati di cui quello esterno ha funzioni protettive e l’intermedio è quello decorativo riportante il motivo del legno o i colori che saranno visibili. Il melaminico ha caratteristiche del tutto simili ma con spessori minori. Vantaggi: ampissima scelta di decorativi sia a colori che ad effetto legno con grande realismo, da pochi anni sono nati anche i laminati materici ad effetto calce, cemento e simili tutti con ottime caratteristiche di resistenza ai colpi e ai graffi; HPL e Fenix sono laminati di nuova generazione usati anche nei top delle cucine. Il costo è inferiore rispetto al laccato ed all’impiallacciato. Svantaggi: fino a qualche anno fa era facile riconoscere un legno vero da un laminato ma le tecnologie attuali forniscono un realismo che rende praticamente impossibile per un inesperto distinguerli. Anche i colorati in tinta unita hanno ormai quasi la stessa brillantezza di una vera laccatura. I punti deboli restano i bordi ma anche qui l’effetto “imitazione” è quasi del tutto scomparso.

Esempio di mobile in melaminico effetto cemento

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Facciamo chiarezza nei rivestimenti dei mobili

Cucinare con la macchina per sottovuoto

10/03/2021
da Adolfo Severini

Cottura a bassa temperatura

Ultimamente di gran moda grazie alle trasmissioni tv con gli chef che popolano le cucine televisive, la cottura a bassa temperatura non è una tecnica destinata ai soli esperti.

Scoperta dal conte Rumford due secoli fa e resa nota dallo chef George Pralus negli anni 70 nel ristorante francese Troisgros, la cottura “sous vide” è diventata un must prima nell'industria alimentare, poi nelle cucine di molti chef stellati per arrivare infine anche tra i fornelli delle nostre case.

La cottura a bassa temperatura prevede di cuocere per ore, a temperature controllate tra i 50 e gli 85° C, tutti gli ingredienti inseriti in appositi sacchetti di plastica per alimenti messi sotto vuoto e immersi in acqua.

Tale sistema di cottura permette di mantenere intatte le proprietà organolettiche degli alimenti creando sapori unici, eliminando il fenomeno della disidratazione e della perdita di sostanze responsabili dei profumi e dei sapori.

Questa perdita limitata di succhi e grassi fa sì che un sapore sapido e gustoso come quello della carne rimane ricco e pieno al punto di non necessitare quasi di sale.

L'utilizzo del sottovuoto e della cottura a bassa temperatura porta a risultati strepitosi anche nel caso delle marinature: quando un cibo viene messo sottovuoto la depressione all'interno fa sì che si crei un maggior trasferimento dei sapori delle spezie verso la carne anche limitandone le quantità, e i risultati in termini di gusto e consistenza saranno incredibili!

Marinare un filetto di manzo al Barolo richiederà ad esempio poche cucchiaiate di vino perchè il sacchetto sarà schiacciato sulla carne lasciando poco spazio da riempire, lo stesso discorso vale anche per le spezie.

La maggior pressione esterna fa penetrare più in profondità e più uniformemente i liquidi e tutti i sapori in generale all'interno degli alimenti.

Attenzione ai sacchetti che devono essere adatti alla cottura sottovuoto.

Terminata l'operazione di sottovuoto arriva il momento della cottura che andrà eseguita inserendo il sacchetto in acqua mantenuta a temperatura costante, per questo scopo è possibile utilizzare uno strumento riscaldante termostatico detto roner o usare una pentola per cottura a bassa temperatura, quest'ultima ha il vantaggio di poter essere usata anche per cotture normali senza che gli alimenti siano stati messi sotto vuoto.

Nel caso in cui vogliate usare solo la slow cooker di seguito offriamo alcuni consigli:

· Nessun liquido fuoriesce da una pentola a cottura lenta, quindi quando si adatta una ricetta non specificatamente scritta per una pentola a cottura lenta, ridurre eventuali liquidi aggiunti di un terzo per compensare.

· Non rimuovere il coperchio troppo spesso per evitare perdite di calore.

· La pentola interna deve essere a temperatura ambiente prima di iniziare a cucinare. Se hai conservato una pentola a cottura lenta in frigorifero, devi aspettare che si scaldi prima di accenderla.

· Le pentole a cottura lenta variano considerevolmente, quindi segui il manuale del produttore per le linee guida su temperature e tempi di cottura.

· I piatti a base di riso e pasta funzionano meglio su High per il minor tempo possibile. Usa sempre riso di facile cottura, risciacquato bene per primo: più amido si risciacqua dal riso, migliore sarà il risultato finale.

Friggitrici ad aria

01/07/2020
da Adolfo Severini

Friggitrice ad aria calda


La friggitrice ad aria calda permette di friggere il cibo con il calore dell’aria anziché con quello dell’olio.

Ci sono 3 fattori che lentamente stanno determinando l'aumento delle vendite di tali friggitrici:

  1. sono molto facili da pulire perché non si imbrattano d’olio;
  2. funzionano senza la necessità di utilizzare litri di olio;
  3. la cottura dei cibi attraverso il calore dell’aria li rende più salutari.

Un ulteriore vantaggio si somma ai precedenti: il risparmio energetico, perché la cottura dei cibi avviene in modo veloce, a volta bastano 5 minuti alla massima temperatura ed inoltre la friggitrice ad aria calda non ha necessità di essere riscaldata in precedenza.

Le persone che per diversi motivi non possono mangiare frittura possono, con queste friggitrici, tornare ad assaporare cibi a loro preclusi.

Nella frittura classica è l’olio molto caldo che funge da vettore di calore, permettendo la cottura degli alimenti. Nelle friggitrici senza olio l’aria viene portata ad una temperatura ideale mentre circola a gran velocità, gli alimenti sono così sottoposti ad una turbine di aria bollente (la temperatura raggiunta infatti è pari a circa 200°) e la cottura risulta uniforme.

Per definire meglio il sapore dei cibi è possibile spennellare o condire il vostro alimento subito dopo la cottura o, in alternativa, si può aggiungere un cucchiaio di olio nel cestello.

Tutto perfetto quindi? E con il consumo energetico come la mettiamo? E' vero che per innalzare la temperatura dell'aria fino a 200 gradi bisogna che la macchina assorba tra gli 800 ed i 2000 Watt ma, ad esempio rispetto ad un forno tradizionale, non c'è bisogno di riscaldarla prima e quindi non consuma energia a vuoto.

Inoltre friggere senza olio significa evitare il consumo di litri di olio ed anche il suo smaltimento.

L’utilizzo di una friggitrice ad aria è semplice ed intuitivo, così come sono facili la manutenzione e la pulizia. Friggere senza olio consente di mangiare con gusto senza grassi, nonché di evitare che in casa si diffonda il tipico e persistente odore di frittura.

E pur chiamandosi "friggitrice", in realtà con la friggitrice ad aria è possibile cucinare di tutto: non solo "friggere" le classiche patatine, il pesce, le castagnole, ma anche cuocere gustose verdure, polpette, "arrostire" carne e perfino gustose castagne!




Pizza bianca romana

19/05/2020
da Adolfo Severini

Pizza bianca romana

Bassa e croccante da mangiare da sola o più alta da tagliare a metà e farcire con prosciutto e mozzarella, con fichi, con mortadella o anche con Nutella: 5 ingredienti -6 al massimo- per una squisitezza da provare assolutamente.

Ingredienti:

600 gr.di farina 0 con minimo 12 gr di proteine e W>280

450 gr. di acqua

12 gr. di lievito

12 gr. di sale

10 gr di patate in polvere –facoltativo-

Olio evo per ungere

Procedimento:

Versare in una ciotola la farina (ed eventualmente le patate in polvere mescolando), aggiungere 250 gr di acqua e mescolare con un cucchiaio di legno.

Sciogliere il lievito in 150 gr di acqua ed aggiungerlo all’impasto sempre mescolando, sciogliere il sale in 50 gr di acqua e versare nella ciotola mescolando con il cucchiaio da sotto a sopra per almeno 15/20 minuti.

Spolverare con semola –non farina- un piano e rovesciare l’impasto facendo una serie di pieghe a 3, coprire e lasciar riposare per 20/30 minuti.

Fare un’altra serie di pieghe a 3, ungere di olio una ciotola capiente e versarvi l’impasto coprendo con pellicola. Lasciar lievitare in luogo tiepido per 3 ore.

Rovesciare di nuovo l’impasto sul piano spolverizzato con la semola, dividerlo in due e fare una serie di pieghe alle due parti; lasciar riposare coperte per 20/30 minuti e poi stendere nelle teglie leggermente unte di olio, pennellare con olio anche la superficie.

Attendere 30 minuti e picchiettare delicatamente con le dita per allargare ancora le due pizze facendo attenzione alle bolle d’aria che si formeranno.

Spargere sale grosso sulle pizze e infornare nel ripiano basso del forno caldo a 250° (non a contatto con il fondo) per 15 minuti poi spostare la teglia nel ripiano alto del forno e cuocere per altri 5 minuti.

Ecopelle, similpelle o econabuk

25/04/2020
da Adolfo Severini

Ecopelle, similpelle o Econank? Breve guida alla scelta del divano

Il divano è l'elemento d'arredo dove passiamo il nostro tempo libero e di relax, dopo averne scelto lo stile, la linea e le dimensioni a lui richiediamo comodità e praticità d'uso.

La scelta di rivestimenti possibili è molto ampia e va dai tessuti alla pelle passando per l'ecopelle e le pelli sintetiche, ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti ed in questo primo articolo tratteremo dei rivestimenti sintetici riferendoci ad alcuni modelli presente nel nostro sito.

Ecopelle o similpelle: qual è la differenza?

Il termine ecopelle indica un prodotto di origine animale ma a bassissimo impatto ambientale, lavorato cioè con tecniche e materiali che tutelano la natura e la salute e di conseguenza è più costoso della normale pelle.

Il termine ecopelle però, in caso di specifiche diverse, è ormai sinonimo di similpelle che è un materiale di origine sintetica quindi i prodotti che trovate nel nostro sito indicati come ecopelle sono da intendersi di similpelle. Ovviamente il prezzo di un divano in similpelle è più contenuto rispetto ad uno in pelle o vera ecopelle.

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Il maggior difetto della pelle sintetica sta nella tendenza con il tempo a sfaldarsi nello strato superiore, evitare quindi di inserire un divano in ecopelle (similpelle) in un ambiente umido perché l'umidità danneggia il rivestimento.

Per la pulizia di un divano in ecopelle (similpelle) non usare sgrassatori, puliscono bene ma in breve tempo il divano sarà irrimediabilmente rovinato; usare una bassa concentrazione di sapone neutro in acqua scegliendo un sapone di qualità e finire passando uno straccio inumidito.

E tra nabuk o econabuk?

Il nabuk è pelle bovina che ha subito una particolare lavorazione: si parte dalla parte più pregiata della pelle con spessore fino a 1,5mm, si tingono in botte alla anilina e si lavora a mano effettuando una smerigliatura sulla superficie per ottenere l'effetto velluto tipico del nabuk. Queste lavorazioni lo rendono pregiato ma anche particolarmente delicato.

L'econabuk è invece composto da tessuti in fibre sintetiche con un'elevata resistenza allo sfregamento ed una buona traspirabilità, oltre all'estetica piacevole unisce la praticità di un tessuto lavabile e smacchiabile ottenendo così un divano bello accogliente e pratico, ottimo per le famiglie che lo vivono liberamente.

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Per la pulizia di un divano in econabuk spolverare la parte macchiata e passare sulla superficie un panno umido o una soluzione di acqua e detergente neutro a bassa concentrazione senza strizzare. Per macchie grandi sfoderare la parte -se possibile- e asciugare rovesciando il rivestimento senza esporre alla luce del sole. E' possibile stirare a bassa temperatura. Per macchie più ostinate usare i prodotti appositi

Ricetta panini alle olive

24/04/2020
da Adolfo Severini

Panini con olive

Presentiamo questa ricetta perché è semplice da realizzare e quindi adatta anche ai principianti ma il risultato è gustoso e stuzzicante.

In questa ricetta sono necessari 2 tipi di farina e prossimamente cercheremo di fare chiarezza sulle varie farine in commercio, per ora consigliamo come sempre l’uso di farine di qualità.

Ingredienti per 12/16 panini

350 gr di Farina tipo “0”
150 gr di Farina Manitoba
1 cucchiaio di olio

200 ml di Acqua
100 ml di Latte tiepido

15 grammi di lievito di birra

1 cucchiaino di zucchero

Circa 70 gr di olive verdi e 70 di olive nere

Preparazione:

Mescolate insieme le farine e versatele su un piano a formare la fontana. Scaldate appena il latte –non oltre i 30°-. Sbriciolate il lievito nell’acqua, aggiungete il cucchiaino di zucchero e versatela al centro della fontana iniziando ad impastare. Terminata l’acqua versate quasi tutto il latte, nel rimanente sciogliete il cucchiaino di sale ed incorporate anche quello, infine aggiungete il cucchiaio di olio. Lavorate per circa 10 minuti fino ad ottenere un panetto liscio ed omogeneo.
Mettetelo in una ciotola, coprite con pellicola e lasciate lievitare nel forno spento lasciando accesa solo la luce.

Stendete l’impasto con un mattarello ad ottenere una sfoglia alta 5/7mm, spargete le olive fatte a rondelle sull’impasto ed arrotolatelo per formare un salame premendo un po’ sui bordi. Spolverizzate con un po’ di farina e tagliatelo a fette spesse 5 cm circa. Sistemate i panini su una placca ricoperta con carta forno e lasciate lievitare ancora per
30 minuti.

Cuocere a 180° per 20/25 minuti fino a che non abbiano assunto un bel colore dorato.

Potete sostituire le olive con noci, il risultato sarà ugualmente ottimo.

Ricetta grissini stirati

19/04/2020
da Adolfo Severini

CUCINA CON IL FORNETTO


Iniziamo a pubblicare delle ricette semplici di panificazione
per chi vuole preparare il pane in casa, sono ricette sperimentate, semplici e uniscono alla grande soddisfazione di realizzare un alimento fondamentale il piacere di sentire il suo profumo in casa.
La cottura può avvenire nel forno di casa o, per risparmiare tempo ed energia elettrica, in uno dei fornetti che proponiamo nel sito a prezzi di occasione.
Cominciamo con una simpatica variante:

Grissini stirati


Un consiglio è quello di usare farina di buona qualità magari proveniente da uno dei tanti mulini italiani.

Ingredienti:
• 500 gr di farina 00
• 250-280 gr di acqua
• 15 gr di lievito di birra
• 8 gr di sale
• 50 gr di olio d’oliva
• Farina di semola, altro olio per pennellare

Preparazione:
Sciogliere il lievito in 250 gr di acqua a temperatura di circa 25°, fare la fontana con la farina e versarci metà acqua iniziando ad impastare, aggiungere il sale e versare l’altra acqua terminando con l’olio. Se l’impasto dovesse risultare troppo duro o secco aggiungere altri 20/30 gr di acqua.
Lavorare l’impasto per una decina di minuti, deve risultare non troppo morbido.
Fare un panetto rettangolare di circa 30x10 cm, appoggiarlo su uno strato di semola, pennellare con olio d’oliva la superficie ed i lati e cospargere con altra semola, coprire con una ciotola e lasciar lievitare per un’ora.
Tagliare nel lato lungo con un coltello a lama liscia dei bastoncini larghi circa un dito e allungarli tirandoli delicatamente dal centro alle estremità fino alla lunghezza della teglia del forno, depositarceli distanziati di circa un dito e se dovessero risultare troppo lunghi tagliateli ma senza rimpastare l’avanzo.

Cuocere a 200° per 20 minuti.